Tratto da Archeologia Viva n. 172 – luglio/agosto 2015 [pp. 56-65]
di Egidio Severi e Antonia Sciancalepore
Archeologia delle acque
Nello splendido scenario del lago di Bolsena a oltre cinquant’anni dalla scoperta riprendono le ricerche con nuove metodologie sul villaggio palafitticolo villanoviano sommerso dalle acque per un inatteso innalzamento del livello del lago
Il lago di Bolsena e il suo territorio sono stati intensamente frequentati da gruppi umani durante la preistoria, dal Paleolitico al Neolitico fino all’età del Ferro. Nel 1959 l’importante scoperta di un insediamento sommerso in corrispondenza del promontorio del Grancaro segna in Italia la nascita dell’archeologia subacquea: su questi fondali lacustri si sono sperimentate le prime metodologie di scavo subacqueo tramite l’uso della sorbona e la documentazione fotografica con fotorotaia.
Le ricerche svolte al Gran Carro dal 1960 al 1980 hanno portato a datare il villaggio, in base all’attribuzione stilistica e tipologica dei materiali, all’epoca villanoviana, fra gli inizi del IX e la prima metà dell’VIII sec. a.C., anche se non si può escludere che l’abitato villanoviano sia stato preceduto da uno più antico dell’età del Bronzo. La località Grancaro si trova sulla sponda orientale del lago, sette chilometri a sud di Bolsena, in corrispondenza degli abitati villanoviani ed etruschi individuati sui colli della Capriola e della Civita.
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